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Influencer Marketing: come gestire un influencer se sei un Brand

Ormai è assodato, il mercato dell’Influencer Marketing, o dell’IM per gli addetti di settore, è in continua crescita ma, soprattutto, in costante evoluzione.

 

Uno scenario senza dubbio tanto intrigante per molteplici player — Agenzie, Marketplace, SAAS — quanto caotico, ovviamente per i Brand.

 

Come può, allora, un’Azienda attivare delle collaborazioni con gli influencer e, allo stesso tempo, essere pienamente trasparente, auto-tutelarsi e garantire che le sue campagne di IM operino nel pieno rispetto delle normative vigenti?

 

Vediamolo insieme, facendo un rapido recap delle principali novità di quest’anno.

 

L’IM è a tutti gli effetti uno strumento strategico: ma che, davvero?

 

Beh, il 2019 che si sta per concludere ha rappresentato un’annata di importanti cambiamenti, anche all’interno dei confini nazionali: la proliferazione di Osservatori dedicati all’analisi dello strumento, primo fra tutti l’Osservatorio Nazionale di Influencer Marketing, il trend che ha visto sempre più brand (per lo più grandi imprese e PMI) investire in campagne (spesso one shot, purtroppo), lo scalpitìo di aziende e agenzie nel proporre nuove soluzioni di misurazione delle performance, il passo incalzante dello IAP — Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria — che (finalmente!) ha elaborato e ufficializzato il nuovo “Regolamento Digital Chart sulla riconoscibilità della comunicazione commerciale diffusa attraverso internet”, hanno certamente confermato e dato per assodato che il fenomeno dell’Influencer Marketing sta suscitando sempre maggior interesse.

 

Inutile dire che anche i colossi social, capitanati da Mister Z. [Zuckerberg, ndr], stiano investendo sempre più nella direzione dei “branded content” e anche Facebook, che sembrava essere ultimamente in fase dormiente rispetto al fratellino (che presto potrebbe diventare fratellone, a dire il vero) Instagram, sta lanciando una serie di novità e funzionalità influencer-centriche: dalle collaborative stories tra più personaggi pubblici, al rilascio del Brand Collabs Manager (attivo per Instagram solo dal 18 dicembre scorso), ai test relativi a un feed speciale, tutto dedicato alla community di Facebook, per scovare talent emergenti e influencer simili per interessi alle pagine che seguiamo e ai contenuti con cui interagiamo.

 

Forte, no? E pensare che dopo la notizia (spaventosa, a detta di alcuni) dei test “nascondi — like” su Instagram, qualcuno era riuscito a sostenere che l’IM avrebbe subito drasticamente una battuta d’arresto. Ahinoi, bastasse così poco a fermare un fenomeno che — di anno in anno — continua a registrare investimenti quasi raddoppiati. Un esempio? Nel 2019, in Italia, il budget medio dedicato a campagne di IM ha raggiunto gli 89K medi (annui) per le grandi aziende; nel 2018, solo il 30% delle multinazionali analizzate spendeva più di 50K.

 

Fin qui, niente da dire, tutto molto divertente, interessante, engaging ma “ambassador” non porta pena: in un mercato tanto intrigante quanto caotico, c’è un’unica parola che deve fungere da mantra per i brand ogni qualvolta decidano di avviare una campagna o una collaborazione con influencer. Tutela.

 

Come si fa, in sostanza, a rispettare le regole imposte dallo IAP (o da altri organi competenti come ad esempio la Federal Trade Commission, qualora gli influencer fossero statunitensi), e a garantire estrema trasparenza nell’attivazione di campagne con gli influencer?

 

Un contratto puntuale, che sia in grado di dettagliare gli obblighi delle parti e che contenga non solo le modalità di erogazione delle prestazioni, ma anche tutte le clausole che possano tutelare il brand da conseguenze negative a livello reputazionale.

 

Quali sono, allora, i “bullet point” che non possono mai mancare in un accordo formale tra aziende e influencer? Vediamolo insieme.

 

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Cosa non può mai mancare in un contratto con gli influencer

 

Le specifiche dell’attività

 

È necessario ed estremamente consigliabile specificare in modo puntuale tutta l’attività (tipologia di contenuti, orari di pubblicazione, modalità di approvazione da parte del Brand / Cliente, copy da inserire, hashtag ufficiali da citare, tempistiche di permanenza dei post nei canali digitali dell’influencer) che svolgerà l’influencer, in questo modo qualsiasi inadempienza da parte sua potrà essere facilmente eccepibile.

 

Per questo motivo, il Brief potrebbe diventare parte integrante e sostanziale del contratto.

 

Gli obblighi previsti dallo IAP e da altre Autorità competenti

 

I contenuti prodotti dall’influencer devono essere realizzati e pubblicati nel pieno rispetto delle condizioni e regole di utilizzo del relativo social network e/o di altro canale utilizzato, anche con specifico riferimento alle policy applicabili a interventi sponsorizzati. A tal fine i Contenuti indicheranno, entro le prime tre righe del copy, in applicazione alle predette policy, il carattere pubblicitario e sponsorizzato del post preventivamente concordato fra le Parti. In particolare, l’Influencer dovrà utilizzare entro i primi tre hashtag uno dei seguenti: “#pubblicità”, “#advertising”, “#sponsorizzato da/sponsored by e il nome del Brand”, “#ad seguito da #nome del Brand”. Se l’influencer non applicherà tali regole, sarà il solo responsabile di eventuali sanzioni irrogate dalle competenti Autorità derivanti dalla violazione della normativa in materia pubblicitaria, con particolare riferimento alla disciplina in materia di pubblicità occulta.

 

Gli accorgimenti ritenuti idonei da AGCOM e IAP

 

Data la recente approvazione del regolamento, ecco un breve quadro sinottico di alcune possibili situazioni e dei relativi accorgimenti ritenuti idonei da AGCOM e IAP:

 

  1. Nel caso di endorsement (l’accreditamento di un prodotto o di un brand, posto in essere da celebrity, influencer, blogger, potenzialmente idoneo ad influenzare le scelte commerciali del pubblico), l’influencer dovrà (i) inserire in modo ben visibile nella parte iniziale del post le diciture “Pubblicità/Advertising” o “Promosso da /Promoted by” o “Sponsorizzato da/Sponsored by” oppure (iii) qualora questo non sia possibile, utilizzare entro i primi tre hashtag i seguenti “#Pubblicità/#Advertising”, o “#Sponsorizzato da … brand/#Sponsored by …brand”, o “#ad” unitamente a “#brand”.
  2. Nel caso di semplice invio occasionale di prodotti (quindi, non un rapporto di committenza), l’influencer dovrà essere informato di utilizzare un disclaimer quale ad esempio “prodotto inviato da … brand” o equivalente.
  3. Nel caso di video diffusi tramite i canali di un influencer, la finalità promozionale deve essere palesata attraverso l’inserimento — in appositi disclaimer nelle inquadrature di inizio o di fine del video — avvertenze scritte o verbali quali, a titolo esemplificativo (a) il “brand presenta …”, oppure “in collaborazione con … brand” nel caso si tratti di un rapporto di committenza tra il brand e l’influencer oppure (b) con un disclaimer, verbale o scritto, del tipo “questo prodotto mi è stato inviato da …”, “prodotto inviato da …” nel caso si tratti di un invio occasionale di prodotti all’influencer e i video non siano realizzati all’interno di un rapporto di committenza.
  4. Nel caso di recommendation widgets, si potrà optare per (i) l’indicazione che il box contiene contenuti sponsorizzati; o (ii) per l’indicazione accanto al singolo contenuto del nome o del logo dell’inserzionista e l’indicazione che il contenuto è sponsorizzato.

 

Sfruttamento dell’immagine

 

Utilissimo, se non assolutamente necessario, regolamentare e contrattualizzare la cessione dello sfruttamento dell’immagine del creator, prevedendo quindi sia le tempistiche di utilizzo, che le modalità.

 

Insomma, per quanto tempo il Brand potrà sfruttare l’immagine dell’influencer? Con quali finalità? In quali canali?

 

L’esclusiva per competitor e/o categoria merceologica

 

Spesso questa clausola è oggetto di quotazione economica ad hoc, specie con influencer di media e grossa portata: l’importanza però di definire un periodo, più o meno prolungato, di esclusiva rispetto ai competitor del Brand e / o alla sua categoria merceologica di appartenenza, beh, è fondamentale per garantire credibilità e autenticità da parte dell’influencer agli occhi della sua community.

 

Un esempio pratico di clausola: l’Influencer non potrà pubblicare nessun altro contenuto dedicato a brand concorrenti del Brand per un determinato periodo di tempo (una settimana, due mesi, sei mesi). Chiaramente, come anticipavamo sopra, questo periodo di no competition può essere oggetto di quotazione ad hoc da parte dell’Influencer e il budget richiesto aumenterà sempre e comunque sia in proporzione alle tempistiche che il Brand gli propone, sia in relazione all’affollamento del settore merceologico in cui opera il nostro Brand.

 

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La richiesta degli insights

 

Misurare, misurare, misurare. Se parliamo di Influencer Marketing, questa è la seconda parola d’ordine dopo “tutela”.

 

Il fatto che, molto spesso, la raccolta dei dati di campagna sia ancora effettuata manualmente, non significa che l’arduo compito debba essere ignorato.

 

Analizzare le performance in fase di ongoing ci può aiutare a ritarare una strategia, misurare i risultati nella fase di “chiusura” dell’attività diventa fondamentale per stabilire il raggiungimento dei risultati per specifici kpi, effort, investimenti e coinvolgimento degli influencer per le successive campagne.

 

In questo senso, è importantissimo accedere agli insights dei contenuti prodotti dagli influencer ed è consigliabile che la condivisione dei KPI (anche qualora venissero pubblicati dei branded content, con numeriche visibili da Business Manager) sia regolamentata nel brief / contratto: quali dati ci servono? Qual è il range di date che ci interessa? Entro quando dobbiamo avere a disposizione questi numeri?

 

L’analisi delle campagne influencer va pensata all’interno dell’ecosistema di misurazioni che riguardano la percezione del brand da parte degli utenti: al di là della misurazione di performance, quindi, si tratta proprio anche di capire il modo in cui gli utenti rispondono al marketing di brand e si relazionano con il marchio. Proprio su quest’onda, nella nostra Unit, abbiamo sviluppato il Live Brand Indicator, un approccio data-driven che unendo molteplici “sorgenti dato” consente una vista fluida e continuativa su questi fronti. Come? Unendo mondi apparentemente differenti: analizziamo le query degli utenti sui motori di ricerca con l’obiettivo di svelare i cluster semantici di posizionamento; grazie allo Human Empathy Indicator valutiamo poi l’empatia dell’attività di Influencer Marketing (così come dei piani editoriali social) per approfondire la relazione che i contenuti sono stati in grado di costruire; infine, partendo dal dato online, riusciamo a recuperare anche l’esperienza utente offline, nei negozi fisici. Insomma, riusciamo ad avere una visione a 360° della relazione tra utenti e marchio.

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