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Google ci sta dicendo di andare oltre la SEO per i contenuti: serve un metodo

Come si collega il nuovo algoritmo di Google, il Google Helpful Content Update, al concetto di progettazione partecipativa di una content strategy? Parrebbe una combinazione insolita, eppure il collegamento c’è, e ora ve lo spieghiamo.

Cos’è l’Helpful Content Update di Google

Un nuovo aggiornamento dell’algoritmo Google nell’agosto 2022 si abbatte sulla comunità SEO. Di cosa stiamo parlando? 

Helpful Content Update è un aggiornamento di algoritmo pensato da Google rilasciato in agosto 2022 che si pone l’obiettivo di “ripulire” il web da tutti quei contenuti considerati poco rilevanti e poco utili per gli utenti, finalizzati unicamente a generare traffico sui siti (search engines-first content). 

Utilizzando le parole di Google, il fine è quello di “assicurarsi che contenuti poco originali e di bassa qualità non si posizionino bene nei motori di ricerca”. Sebbene la raccolta dati della prima tranche di analisi del nuovo algoritmo non sia ancora terminata, il mondo del Marketing è in trepidazione e i content creators sono in attesa di vedere lo score che Google darà ai loro contenuti.

Helpful Content Update, cosa fare

L’aggiornamento è già partito su SERP anglofone. Se i tuoi contenuti sono prodotti in italiano, per ora non hai nulla da temere. Come annunciato, però, è molto probabile che l’algoritmo arrivi presto a riguardare tutte le lingue. 

È necessario quindi iniziare sin da subito ad agire concentrandosi su una produzione di contenuti utili, originali e di qualità per le persone, ponendosi il concetto di “people-first content” come stella polare da seguire.

Solo un altro passo verso la qualità dei contenuti

Helpful Content Update del 2022 è solo un ulteriore tassello a un progetto iniziato da tempo. È il caso di citare infatti il Google Medic Update  del 2018, principale precursore su questo fronte, che ha avuto forte impatto su tutti i contenuti che riguardavano il benessere (finanze, salute, ecc) degli utenti, nonché sugli autori di tali contenuti.

Search engines-first. People-first.

Quello che Google sta cercando di dirci è che creare dei contenuti basandosi unicamente sull’approccio tecnico di ottimizzazione non è più abbastanza. Non lo era da tempo, ma questa è da leggersi come un’ulteriore strigliata ai SEO strategist dal cuore di ghiaccio. È necessario che ciò che viene pubblicato sul web vada oltre il mero presidio di keyword e la spasmodica ricerca della visibilità a tutti i costi. Google vuole un contenuto creato dalle persone per le persone e che soddisfi le aspettative degli utenti.

Lo stesso Google ci fornisce una serie di domande a cui dare risposta per capire se i nostri contenuti sono search engines-first oppure people-first. Abbiamo provato a parafrasarne alcune partendo dalle linee guida ufficiali:

  • Scrivi per posizionarti sui motori di ricerca e non per creare un contenuto di vera utilità per i tuoi lettori?
  • Crei tanti contenuti su temi più disparati e sconnessi tra loro, nella speranza che qualcuno di essi performi bene sui motori di ricerca?
  • Ti affidi a software di AI per decretare quali contenuti trattare, invece di pensare a cosa potrebbe davvero essere di aiuto per la tua audience?
  • I tuoi contenuti sono praticamente il riassunto di parole scritte da altri senza l’aggiunta di un tuo contributo di valore?
  • Ti dedichi alla scrittura di un articolo soltanto perché i software di AI dicono che l’argomento è di tendenza, e non perché lo ritieni di qualità per le persone che ti leggono?
  • Il tuo contenuto lascia le persone con la sensazione di dover cercare ulteriori informazioni da altre fonti?
  • Hai deciso di scrivere di un argomento senza nessuna reale expertise in materia ma solo perché pensavi che avresti ottenuto del traffico sul tuo sito?
  • Il tuo contenuto promette di rispondere a domande alle quali non può rispondere?

Come può impattare l’Helpful Content Update sul tuo sito

Ad oggi non si hanno ancora evidenze di come questo algoritmo abbia impatto sulle performance. Ribaltiamo in positivo la domanda: come possiamo approfittare del nuovo algoritmo per offrire all’utente contenuti migliori?

L’unico modo, dice Google, è avere in mente i seguenti parametri:

  • Utilità per chi legge. Il lettore deve poter trarre un valore aggiunto relativamente al topic trattato;
  • Expertise di chi scrive. L’articolo deve rispettare il principio fondamentale della content authority;
  • Soddisfazione dell’utente. Il fruitore deve ritenere di aver trovato le informazioni che stava cercando.

Per andare verso questa virtuosa direzione è quindi necessario produrre contenuti autorevoli e attendibili, così come disciplinato dal paradigma EAT, il quale prevede che i contenuti prodotti rispettino i principi dell’expertise (competenza), dell’authorativeness (autorevolezza) e della trustworthiness (affidabilità). 

Modellare la produzione editoriale su brainstorming derivanti da pratiche di co-design con specialisti di settore, ad esempio, può essere una strategia proficua per andare oltre gli asettici risultati offerti dalla keyword research. Ve lo avevamo detto che c’era un collegamento, no?

Come allineare visibilità, rilevanza e qualità dei contenuti

Scrivere unicamente in ottica SEO per il posizionamento sui motori di ricerca non basta, e lo abbiamo capito. 

Purtroppo, però, affinché un articolo abbia successo sul web non basta nemmeno la semplice narrazione. Quel che serve è un mix virtuoso tra i due approcci, che non possono essere più considerati oppositivi

Nel momento in cui vi è la necessità (o la volontà) di avviare una content strategy, infatti, in alcuni casi sembra di dover scegliere tra due opzioni:

  • Affidare la produzione di contenuti a un soggetto esterno, specializzato in scrittura SEO, magari anche bravo, ma spesso privo di competenza tecnica riguardo all’argomento e tendenzialmente poco orientato alla definizione di una linea editoriale, che rispetti il brand, che rifletta il suo posizionamento sul mercato e che sappia davvero parlare al suo target;
  • Affidare la strategia e la produzione alla propria redazione interna, dotata di conoscenza tecnica ed expertise sull’argomento ma spesso (legittimamente) carente di competenze in ambito di SEO e content strategy e troppo spesso non in grado di coinvolgere stakeholder.

La nostra tensione alla multidisciplinarietà ci ha spinto verso una terza via: occorre costruire insieme al brand una redazione ibrida in grado di garantire nel tempo una perfetta aderenza tra le necessità del target e il business. 

Per farlo occorre attuare una progettazione editoriale cooperativa lavorando al piano editoriale e ai singoli contenuti con un board di professionisti del settore specifico. 

In questo modo, abbiamo dato vita a un modello capace di combinare in maniera vincente (ed efficiente) la content authority con le misure di ottimizzazione per i motori di ricerca, essenziali a garantire la visibilità organica dei contenuti in uno scenario fortemente competitivo. 

Creare contenuti people-first con la progettazione partecipativa

Questa metodologia si articola in tre fasi principali: 

  1. Workshop in cui da un lato abbiamo abilitato il team editoriale alla scrittura di contenuti secondo le best-practice della SEO, trasferendo le logiche dei motori di ricerca e le tecniche di base, dall’altro, abbiamo definito una serie di esercizi di brainstorming utili a ottenere informazioni preziose sul topic di riferimento direttamente dagli “insider” di quel settore.
  2. Raccolte e razionalizzate tutte le informazioni emerse dal workshop abbiamo analizzato il bisogno informativo in rete intorno ai temi attraverso il metodo H-EAR – di cui diamo qualche dettaglio nel prossimo paragrafo. Questo passaggio ci consente di andare oltre i bias degli addetti ai lavori, trovare un riscontro data-driven rispetto ad alcune percezioni e smontare alcuni falsi miti radicati tra gli stakeholder interni.
  3. Siamo tornati dall’Editorial Board con una restituzione dell’analisi sul search intent e delle conversazioni online per definire le tematiche prioritarie da toccare per ciascun contenuto, le interdipendenze tra i vari topic e per la gestione vera e propria della programmazione editoriale.

Mixando, come dicevamo, le informazioni e gli aspetti tecnici emersi dal brainstorming con professionisti del settore con le pratiche SEO di analisi del bisogno informativo online abbiamo ottenuto un risultato oltre le aspettative in termini di utilità e di qualità di contenuto, rispettoso dei tanto noti quanto fondamentali principi della produzione contenutistica online tanto cari a Google: Expertise, Authoritativeness, Trustworthiness.

Oltre la keyword research: il metodo H-EAR

Oltre ai modelli di co-design – come quello che abbiamo descritto nel paragrafo precedente – un altro strumento che adottiamo nel raggiungere il mix cui aspiriamo nella scrittura di contenuti è H-EAR (Engagement-Amplification-Relevance), una metodologia implementata da H-FARM Digital Marketing che unisce l’analisi delle ricerche online (dal punto di vista SEO) e l’ascolto della rete (attraverso tool di web e social listening).

Questa metodologia consente di avere una visione più ampia del bisogno informativo di un utente, andando oltre il momento in cui interpella il motore di ricerca per intercettare anche segnali più deboli o indiretti che avvengono ad esempio nelle conversazioni pubbliche sui social.

Più in dettaglio il metodo H-EAR indaga su: 

  1. Business Insights: informazioni utili per il business in relazione alle tematiche di riferimento dell’analisi. Ad esempio: a quali temi viene associato il tuo brand nelle conversazioni e nelle ricerche online?
  2. Editorial Trends: spunti editoriali sulle tematiche utili a definire gli interessi caldi del momento sui quali produrre nuovo contenuto.
  3. Customer Needs: raccogliamo informazioni su sentiment e sulla comprensione dell’offerta in ottica di implementare azioni correttive sui contenuti informativi.

Tutto ciò che c’è sopra, per chi ha fretta


In soldoni:

  • Google ha rilasciato un nuovo aggiornamento di algoritmoHelpful Content Update che premia con maggior visibilità i contenuti ben fatti.
  • Per fare contenuti di qualità e realmente utili occorre investire sull’expertise e sull’autorevolezza degli autori. Trucchetti e diavolerie automatizzate contano poco.
  • Per garantire rilevanza e visibilità dei contenuti si possono creare redazioni ibride in grado di mettere allo stesso tavolo le conoscenze tecniche di specialisti della content strategy e il know-how degli stakeholder di business.
  • Per la creazione di questi editorial board serve implementare una progettazione a quattro mani che faccia emergere dagli addetti ai lavori e dall’analisi dei dati spunti necessari alla creazione di contenuti in linea con il reale bisogno del target.

A CURA DI

GIADA GASPERONI
GIADA GASPERONI

Content Strategist @ H-FARM Digital Marketing

YVAN SCOGNAMIGLIO
YVAN SCOGNAMIGLIO

SEO & Content Strategist @ H-FARM Digital Marketing

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